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Continua il viaggio alla scoperta delle competenze sensoriali del feto: olfatto, gusto e udito

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Continua il viaggio alla scoperta delle competenze sensoriali del feto: olfatto, gusto e udito

22/04/2017

Parola agli esperti

Nella puntata precedente abbiamo iniziato ad esplorare le competenze sensoriali del bambino in utero,  partendo da tatto e vista (leggi l'articolo precedente). Procediamo ora nel nostro viaggio alla scoperta degli altri sensi.

L'olfatto
Questo senso si sviluppa precocemente, già dall’8° s.d.g.  Nel ventre materno il bambino è costantemente esposto a molti stimoli olfattivi che provengono sia dal cibo assunto dalla madre che dall’ambiente esterno circostante. Tali stimoli favoriscono lo sviluppo della sensibilità e della memoria olfattiva del feto grazie alle quali il piccolo potrà riconoscere gli stimoli stessi ed orientarsi nell'ambiente extrauterino. È nota, infatti, la capacità del neonato di riconoscere l’odore della madre (e del suo latte) fin da subito, e di preferirlo all’odore di altre puerpere.  L’olfatto, poi, è in stretta connessione con le funzioni intuitive, con l’orientamento spaziale e con la capacità di discriminazione. Come detto, infatti, il bambino appena nato riconosce l’odore della madre e si orienta verso il suo seno per succhiare.
   
Il gusto
Il gusto entra in funzione verso il 3° mese d.g.. quando i recettori gustativi raggiungono una presenza piuttosto sostenuta sulla lingua. In questo periodo il nascituro inizia a svolgere anche l’attività di deglutizione del liquido amniotico, grazie al quale egli ne regola la quantità e ne assapora la gustosità.  Verso la 18-24° settimana inizierà anche a succhiarsi il dito, attività propedeutica all'allattamento al seno (meccanismo che sarà coordinato verso la 34-35° s.d.g.). Le ricerche dimostrano che il feto è goloso di sapori dolci. Tramite ecografia si è osservato, infatti, che introducendo del glucosio nel liquido amniotico il bambino aumenta il ritmo di suzione e di deglutizione, manifestando espressioni di piacere, mentre in presenza di sostanze amare rallenta il ritmo di deglutizione, fa smorfie di disgusto e cerca di chiudere la bocca. Il sapore e l’odore del liquido amniotico, poi, secondo le ricerche sono molto somiglianti a quello del latte materno, pertanto attraverso tali sensi il bambino si prepara alla ricerca del capezzolo ed alla suzione post-natale.

Inoltre, sembra che le esperienze relative al cibo fatte dalla madre in gravidanza creino una memoria  gustativa nel bambino in grado di condizionare le sue preferenze alimentari future. Per esempio, in Francia, su un gruppo di bambini è stata fatta una ricerca la quale prevedeva che le donne in gravidanza mangiassero cibi ricchi di aglio. Successivamente, in effetti, i piccoli, fin dai primissimi anni di vita, dimostravano una spiccata preferenza per i cibi aromatizzati con l’aglio, sostanza invece di solito rifiutata.
La memoria gustativa e quella olfattiva hanno un grande valore perché possono condizionare le esperienze del bambino, soprattutto nel primo anno di vita, rispetto all'allattamento ed allo svezzamento e quindi possono influire sulle sue abitudini e sui suoi gusti alimentari.

L'udito
E’ il senso predominante nella vita intrauterina e completa la sua struttura tra il 2° ed il 5° mese d.g. L’orecchio medio si completa tra l’8° e la 12° s.d.g. e la coclea è pronta a 10 settimane. A 20 settimane l’orecchio è completamente formato e tra la 32° e la 35° s.d.g. la funzione uditiva è allo stesso livello della vita post natale.
In realtà però, secondo le ricerche di Alfred Tomatis, il nascituro inizia già dalla fase embrionale a percepire il suono con tutto il proprio corpo tramite la vibrazione del liquido amniotico e, successivamente, con l’intero  sistema uditivo.
Grazie alla disponibilità di tecniche non invasive, questo è il senso più studiato in fase prenatale: è relativamente semplice, infatti, osservare le reazioni del feto agli stimoli uditivi attraverso la registrazione delle variazioni del battito cardiaco, della suzione non nutritiva e dei movimenti. È anche il senso attraverso cui il feto apprende e si rapporta meglio con la madre. Il feto reagisce agli stimoli sonori provenienti dal mondo esterno: un segnale acustico improvviso e abbastanza intenso è in grado di suscitare una accelerazione nel battito cardiaco che torna ai valori di base dopo diversi minuti. Se il suono è molto forte, il feto sobbalza e la sua vescica si svuota.

L’udito del bambino in utero, poi, è molto stimolato durante la vita prenatale dai suoni provenienti dall’ambiente intrauterino.  Nel corpo della madre risuonano, infatti, innumerevoli sonorità: innanzi tutto il battito cardiaco che “culla” il piccolo con la sua presenza costante e rassicurante; poi il flusso sanguigno;  il suono della respirazione e dei movimenti del diaframma;  i suoni intestinali; il rumore delle articolazioni e lo svuotamento dello stomaco. Tutte fonti che costituiscono una stimolazione, un “bagno sonoro”,  per il feto. E poi, fondamentale,  la voce della madre e delle altre figure di riferimento. Proprio per questo, molte ricerche evidenziano l’importanza di parlare e cantare al bambino in utero:  grazie a ciò si instaura un dialogo dove il suono rappresenta l’intermediario che permette e facilita la relazione, favorendo l'attaccamento pre e post natale.Questo senso, così sviluppato e  preponderante, è anche quello che ha consentito, tramite diverse ricerche, di indagare le competenze cognitive e mnemoniche del feto.

La ricercatrice francese Marie Claire Busnel, studiando i movimenti e le variazioni nel battito cardiaco del feto negli ultimi 3 mesi di gestazione, ha scoperto che egli sa notare la differenza tra il suono di due sillabe diverse, sa reagire e riconoscere una storia nota rispetto ad una che non ha mai sentito, sa distinguere una voce maschile da una femminile. Per esempio, il bambino prematuro sa distinguere la voce della propria madre rispetto a quella di altre donne, sa riconoscere e preferisce il suono della lingua madre rispetto ad una lingua straniera, sa distinguere quando la madre si rivolge a lui in modo diretto o se parla con terzi. Rispetto a questo, altri studi sui prematuri, hanno dimostrato una maggiore sensibilità al “motherese” o “baby talk”: la particolare modalità che usano le madri (e non solo) per parlare ai piccoli, utilizzando toni più alti ed acuti, parole semplici, pronunciate in modo molto chiaro e scandito, spesso ripetitive, frequenti domande, ripetizioni dei suoni e delle vocalizzazioni emesse dal bambino, con una calda tonalità affettiva.


Il FAS (fetal acoustic stimulation) è un test utilizzato per valutare la capacità di apprendimento prenatale, grazie al meccanismo dell’assuefazione o abituazione allo stimolo (dalla 27° s.d.g.): con questo test si è visto che se uno stesso stimolo sonoro viene ripetuto più volte ad intervalli regolari porta ad una mancanza di risposta da parte del bambino, in quanto esso risulta noto, viene memorizzato e non desta più l'interesse e la curiosità del piccolo.
Le reazioni dei bambini a poche ore dalla nascita al suono del battito cardiaco, dimostrano che questo stimolo è per loro in assoluto il preferito tra gli stimoli sonori ed ha un effetto altamente calmante; essi sono inoltre in grado di discriminare, mostrando un’ulteriore preferenza, il battito cardiaco della propria madre rispetto a quello delle madri di altri neonati.
Sono famose anche le ricerche di Anthony De Casper, il quale ha dimostrato come nelle prime ore dopo la nascita i neonati mostrano di riconoscere e preferire la voce della propria madre (anche registrata) rispetto a quella di altre donne e rispetto a quella del padre: è evidente che questa preferenza si è sviluppata nel periodo gestazionale. Sempre De Casper ha dimostrato che i neonati possono discriminare tra due diverse favole per bambini e mostrare preferenza per quella che la mamma aveva raccontato loro durante la gravidanza (tutti i giorni per 10 minuti durante l’ultimo trimestre). I neonati, inoltre, dirigono preferibilmente la loro attenzione verso le persone che parlano la lingua dei loro genitori.
Ogni papà può verificare cosa accade se parla dolcemente al feto appoggiando la sua bocca a destra o sinistra del ventre materno: il bambino si sposta piano piano da quella parte, ascoltandone attento la voce.

Thomas Verny, nel libro “Vita segreta prima della nascita” (ed. Mondadori) racconta che il direttore d’orchestra Boris Bratt aveva una eccezionale capacità di eseguire i brani musicali che sua madre, violoncellista, aveva suonato durante la sua gestazione.
Si pensa, inoltre, che il linguaggio materno, con i suoi ritmi e suoni, operi a livello di memoria del feto già durante la vita prenatale e che ciò favorisca il successivo apprendimento del linguaggio verbale.

Parlare al bambino in modo diretto, dolcemente, e tenendo leggermente premuto l’addome stimolando il contatto, favorisce lo sviluppo dell’udito nel feto, la memorizzazione del linguaggio ed accresce lo stato di sicurezza e fiducia di base del piccolo.

Nel prossimo articolo approfondiremo il linguaggio corporeo del bambino in utero.
A presto!

Silvia Iaccarino
Formatrice professionale e psicomotricista
Blog: www.silviaiaccarino.it
Pagina facebook: www.facebook.com/percorsiformativi06

 


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