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Il Bonding prenatale, un legame speciale
16/09/2017
Parola agli esperti"È stato dimostrato che un ridotto legame di attaccamento tra il bambino ed i genitori è uno dei maggiori fattori che portano allo sviluppo di comportamenti aggressivi e violenti e difficoltà relazionali nel corso della vita. Contrariamente a quanto si crede, il bonding si può,e anzi si dovrebbe, creare già mentre il bambino è nel ventre materno"
Graham Kennedy
L’idea dell’esistenza di una relazione di attaccamento madre-feto risale già agli anni ’40 e negli anni ’70 si ipotizzò l’esistenza di 4 compiti legati alla gravidanza: la ricerca di una transizione sicura per sé e per il nascituro, l’assicurarsi che il bambino venga accettato dalle persone significative della propria famiglia, il creare un legame con il proprio bambino e l’imparare a donarsi a lui.
Studi successivi, in particolare di Mecca Cranley (1981), hanno portato al costrutto di “attaccamento prenatale” (ispirato alla nota Teoria dell’Attaccamento di Bowlby), utilizzato per definire il legame che i genitori sviluppano con il feto durante la gestazione.
Anche D. W. Winnicott evidenzia come, durante la gestazione, entrambi i genitori si preparino all’incontro col figlio riservandogli “uno spazio nella mente”:
uno spazio affettivo che costituisce il primo livello di sviluppo del legame di attaccamento.
A partire dal lavoro di Winnicott e Bowlby, è ormai ampiamente riconosciuto il valore delle relazioni primarie per lo sviluppo psichico equilibrato dell’essere umano. La qualità di questo legame risulta particolarmente importante e predittiva del successivo sviluppo della relazione di attaccamento post-natale e per lo sviluppo infantile.
La ricerca sulle prime relazioni ha evidenziato significative capacità dei neonati ad interagire in modo competente con i caregivers, contribuendo alla regolazione della relazione stessa. Ma, come abbiamo visto fin qui, anche il feto ha diverse competenze, pertanto diventa evidente come la relazionalità primaria ed il sistema di attaccamento si formino ben prima della nascita.
La prima descrizione di un investimento affettivo dalla madre verso il bambino si deve al concetto di “preoccupazione materna primaria” di Winnicott: coinvolgimento esclusivo ed intenso che le madri, ma anche i padri, sviluppano verso i bambini nei primi mesi di vita, focalizzando la loro attenzione su tutto quanto riguardi il figlio e tralasciando il resto. Secondo Winnicott, la fase prenatale è decisiva nel formarsi di tale preoccupazione poiché egli riteneva che il coinvolgimento della donna inizi dal momento in cui sa di essere incinta.
In condizioni normali, nella mente dei genitori in attesa nascono pensieri, emozioni, sentimenti, desideri e idealizzazioni verso il feto, che possiamo riassumere all’interno del concetto di “bambino immaginario”. In questo modo i genitori iniziano a prendere contatto ed a formare un legame col feto, che comprende aspetti di fantasia misti ad aspetti reali comprendenti la relazione che si sta formando col figlio.
Inoltre, le ricerche hanno anche dimostrato che le donne più sensibili ai movimenti del bambino sono quelle che ottengono punteggi maggiori nell’attaccamento verso il feto prima ed il neonato poi. La relazione di attaccamento prenatale si appoggia, infatti, proprio a partire da questa possibilità di incontro e comunicazione gestante-feto, facilitata dal sentire il movimento del bambino nella propria pancia (vedi la comunicazione psico-tattile di cui abbiamo parlato in un precedente articolo).
Mentre l’attaccamento materno è in progressivo aumento via via che progredisce la gestazione, quello paterno si sviluppa nel primo trimestre e rimane ad un livello costante fino a fine gravidanza.
Molto importante poi, ci dicono le ricerche, è la partecipazione del padre alla prima ecografia del bambino. Infatti, grazie a questa, il padre vede il feto muoversi, lo osserva, diventa per lui reale. L’intensità dell’attaccamento padre-feto aumenta spesso proprio dopo questo primo incontro.
Nei mesi successivi, il padre avrà modo, a sua volta, di relazionarsi con il feto attraverso la comunicazione psico-tattile, giocando con il nascituro attraverso la sua voce ed il tocco.
Stabilire un buon contatto con il bambino prenatale risulta molto importante per il benessere psicofisico del bambino stesso e per il successo del successivo processo di attaccamento post-natale. Per i genitori, aver interagito ed essere entrati in relazione col nascituro fa sì che, una volta nato, il piccolo sia per loro, almeno in parte, già conosciuto, in quanto con lui si sono avviati significativi momenti di incontro e scambio.
Il primo incontro sancirà il ritrovare qualcuno che già si conosce e che finalmente si può incontrare anche nella dimensione del contatto e dello sguardo. Se non vi è stata interazione, comunicazione e scambio reciproco durante la gravidanza, il neonato risulterà invece sconosciuto ai genitori. Si è potuto constatare che l’attaccamento verso il feto può essere incrementato favorendo nelle madri un aumento della consapevolezza dell’esistenza del bambino come persona. In alcuni studi, infatti, si è ottenuto un incremento dell’attaccamento al feto attraverso appositi programmi di educazione prenatale mirati all’aumento delle conoscenze dei genitori rispetto allo sviluppo fetale ed a favorire la percezione materna rispetto al figlio.
Favorire socialmente una genitorialità consapevole (attraverso per esempio i programmi di Educazione Prenatale), che sia attenta ai bisogni del feto, affettuosa ed amorevole, rappresenta un fattore molto importante per la crescita equilibrata ed armoniosa dei bambini, prima e dopo la nascita.
Allargando ulteriormente lo sguardo, gettare le basi per un buon attaccamento fin dalla gestazione, significa, in prospettiva, creare un futuro migliore per l’intera umanità. Per citare Claudio Naranjo, si tratta di “cambiare l’educazione per cambiare il mondo”.
Silvia Iaccarino
Formatrice professionale e psicomotricista
Blog: www.silviaiaccarino.it
Pagina facebook: www.facebook.com/percorsiformativi06
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